“L’imperiale regia armata aveva occupato, nel giorno 21 le posizioni ad essa assegnate dietro il Mincio. L’8° corpo d’armata si trovava all’estremità dell’ala destra fra Peschiera e Casa Nova; il 5° fra Brentina e Salionze; il 1° ed il 7° di riserva presso Quaderni e San Zenone di Mozzo; la riserva di cavalleria a Rosegaferro vicino a Villafranca, dove era stato trasferito sino al 20 giugno il quartier generale di S. M. l’Imperatore.

28 giugno 1859

“L’imperiale regia armata aveva occupato, nel giorno 21 le posizioni ad essa assegnate dietro il Mincio. L’8° corpo d’armata si trovava all’estremità dell’ala destra fra Peschiera e Casa Nova; il 5° fra Brentina e Salionze; il 1° ed il 7° di riserva presso Quaderni e San Zenone di Mozzo; la riserva di cavalleria a Rosegaferro vicino a Villafranca, dove era stato trasferito sino al 20 giugno il quartier generale di S. M. l’Imperatore.

Della 1ª armata trovavasi il 3° corpo presso Pozzolo, il 9° in Goito e dintorni, l’11° giunto nel frattempo, era a Roverbella, la divisione di cavalleria, tenente maresciallo conte Zedwitz, presso Mozzecane.

L’esercito austriaco era dunque riunito coi rinforzi disponibili arrivati, e quindi posto in grado di poter eseguire contro un nemico tuttora preponderante, almeno con qualche prospettiva di successo, un vigoroso colpo offensivo.

Oltre a ciò, le recenti notizie ricevute intorno ai movimenti e presumibili intendimenti del nemico, facevano apparire come desiderabile che si sollecitasse possibilmente l’attacco.

Per conseguenza il 23 giugno fu destinato per passaggio del Mincio.

Il nemico si era per intanto limitato ad occupare fortemente la linea del Chiese senza seguire l’armata imperiale nella sua ritirata oltre il Mincio. Uno squadrone di ussari Imperatore ed uno di ulani delle Due Sicilie, con due cannoni, sotto il comando del maggiore Appel, del nominato reggimento d’ulani, incaricati di riconoscere gli alti piani fra li due fiumi, non incontrarono in nessun sito colonne considerevoli, ma singoli distaccamenti. Presso Chiodino e Castel Venzago, si venne a scaramucce, che finirono colla ritirata del nemico, e nelle quali perdemmo due ufficiali, cinque soldati e nove cavalli.

Anche da parte della prima armata furono spediti distaccamenti scorridori verso il Chiese, per altro essi non ritrovarono in nessun sito il nemico.

Nel mattino del giorno 23 cominciò l’avanzamento dell’esercito austriaco. L’estrema ala destra era formata dalla brigata Reichlin, del 6° corpo, la quale, arrivata da Roveredo, si spinse pel campo trincerato da Peschiera verso Ponti onde riunirsi colà coll’8° corpo, il quale passò il Mincio presso Salionze e raggiunse Pozzolengo senza incontrarvi resistenza.

Il 5° corpo d’armata eseguì il passaggio del fiume presso Valeggio, ed avanzò a Solferino. Il 1° corpo d’armata seguì il 5° e si spinse verso Cavriana.

Il 7° corpo d’armata e la divisione di cavalleria di riserva, tenente maresciallo conte Mensdorff, passarono il Mincio sopra un ponte di guerra presso Ferri, fra Massimbona e Pozzolo, e si spinsero, il primo fino a Foresto e la seconda ancora oltre Foresto fino alle Tezze presso Cavriana.

Tutte le truppe della seconda armata posta sotto il comando del generale di cavalleria conte Schlick, raggiunsero nel corso del pomeriggio i punti loro assegnati, senza incontrare il nemico, e nella sera furono stabiliti gli avamposti da Casa Zapaglio, Contrada Mescolaro e Madonna della Scoperta fino alle Grole. La prima armata, sotto il comando del generale d’artiglieria conte Wimpffen, formava l’ala sinistra dell’avanguardia; essa passò il Mincio presso Ferri, col 3° corpo d’armata, e presso Goito, col 9° ed 11° corpo, non che colla divisione di cavalleria, tenente maresciallo conte Zedwitz. Questa divisione di cavalleria, appoggiata da distaccamenti del 9° corpo d’armata, si avanzò fino a Medole; il 3° ed il 9° corpo d’armata si accamparono intorno a Guiddizzolo, e l’11° corpo, come riserva presso Castel Grimaldo.

Del 2° corpo d’armata, la divisione del tenente maresciallo conte Iallachich, fu spedita da Mantova a Marcaria per prendere parte alle operazioni dell’armata principale e poter operare per Castel Goffredo contro il fianco nemico.

Il comandante di corpo, tenente maresciallo principe Eduardo Liechtenstein, assunse personalmente il comando di quella divisione. Il 6° corpo d’armata aveva l’ordine di appoggiare, secondo le circostanze, l’ulteriore avanzamento dell’armata mediante distaccamenti inviati dal Tirolo meridionale.

Laonde, mentre il grosso dell’esercito austriaco aveva preso nella sera del 23 una posizione da Pozzolengo fino a Guiddizzolo, onde poi operare concentratamente nella direzione del Chiese, ed attaccare l’esercito nemico nelle sue posizioni principali presso Carpenedolo e Montechiaro, il nemico, o informato delle nostre intenzioni od eseguendo un piano già stabilito, aveva, nel frattempo, intrapreso ugualmente un avanzamento generale e raggiunto nel 23 con tutta l’armata Piemontese ed alcuni distaccamenti francesi (60 in 70 000 uomini) i luoghi di Esenta, Desenzano e Rivoltella, non che le posizioni di Castel Venzago e San Martino, mentre il grosso dell’esercito francese occupò fortemente Castiglione delle Stiviere, Carpenedolo e Montechiaro, ed avanzò alcuni distaccamenti verso Solferino e Medole.

I due eserciti si incontrarono.

Allo spuntar del giorno 24 il nemico intraprese, con forze imponenti, un attacco generale contro la linea delle posizioni austriache.

Sull’ala destra riuscì alle truppe dell’8° corpo, sotto il comando del tenente-maresciallo Benedeck, di far vigorosa resistenza fin da principio contro il violento urto dell’armata piemontese, e non solo di respingere decisamente il loro attacco, ma anche di spingersi innanzi fino a San Martino, di sostenere quella favorevole posizione e di mantener ivi il combattimento. Le truppe piemontesi furono respinte con considerevoli perdite fino a Rivoltella e Desenzano. Nel centro della posizione austriaca, la chiave della quale formavano le dominanti alture di Solferino, fu egualmente di buonissimo mattino attaccata violentemente, nella sua posizione avanzata, ed avvolta in vivo combattimento la brigata Bills, avanguardia del 5° corpo d’armata.

L’attacco nemico si sviluppò presto con importante superiorità di forze su tutta la line del 5° corpo d’armata.

Valorosamente con rara costanza le due brigate Bills e Puchner (fanti Kinsky e Culoz, 1° battaglione di Ogulini ed il 4° battaglione di cacciatori Imperatore) si mantennero in prima linea, respingendo ogni attacco colla baionetta e senza vacillare, fino alle ore 11, contro un nemico tre volte superiore, che conduceva sempre fresche riserve, e che portava nuove batterie al fuoco, e che da quasi 3000 passi di distanza lanciava con successo granate sul luogo di Solferino.

Peraltro, allorquando il nemico penetrò anche nella valle al nord di Solferino ed in Val di Quadri con una forte divisione di esercito, e per tal modo minacciava di oltrepassare la posizione delle suddette due brigate, non bastò nemmeno la resistenza delle brigate Koller e Gaal del 5° corpo d’armata, chiamate nel frattempo, per poter ristabilire con buon successo il combattimento, che fin dal mezzo giorno avea cominciato a prender piega sfavorevole.

Non essendo sostenute dal 1° corpo d’armata con sufficiente efficacia le truppe del 5° corpo, dopo che, ripetutamente respinte e di nuovo andando all’assalto colle riserve, avevano riprese le anteriori posizioni, furono finalmente forzate ad abbandonare le dominanti alture anteriori ed a ritirarsi, prima sulle cime del Monte Mezzano, e poscia, avanzandosi forti colonne nemiche sulla strada, che conduce da Castiglione per le Grole a Solferino, a sgombrare il luogo da Solferino, a limitarsi ad occupare il castello, il cimitero e la Rocca, e finalmente ad abbandonare anche quei siti dopo eroica resistenza.

Soltanto dopo il più sanguinoso combattimento, e dopo sacrifici immensi, il nemico strappar poté al valoroso reggimento Reischach quel punto dominante; reggimento, che pieno di abnegazione protesse e coprì la ritirata delle truppe del suo corpo e di quelle del 1° corpo d’armata, non senza soffrire le più rilevanti perdite. Le truppe del 5° corpo si ritirarono verso Mescolaro e Pozzolengo, quelle del 1° retrocedettero sino a Cavriana e da questo luogo verso Volta e Valeggio.

Il 7° corpo d’armata, avanzatosi intanto da Foresto, parte della pianura per San Cassiano verso Solferino, parte per le eminenze situate al sud di Cavriana, verso quest’ultimo luogo, non giunsero pur troppo più a tempo per impedire la perdita di Solferino, e per dare in su quel punto al combattimento piega favorevole. Invece eseguì con successo l’assunto di coprire, occupando Cavriana e le circostanti file di colline e sommità, la ritirata del centro, fino a che anche quell’ultimo luogo non poté più essere conservato, a fronte del nemico che spingevasi innanzi dalle alture dominanti di Solferino ed a fronte della forte artiglieria nemica. La divisione di cavalleria Mensdorff, composta di tre brigate, aveva nel mattino avanzato nella pianura per Val del Termine, onde guadagnare il terreno aperto ed atto alla cavalleria, fra Casa Moriana e San Cassiano, ed attaccò le batterie nemiche ed i corpi di cavalleria che stavano a cavaliere della strada. Trovossi però avvolta in un gagliardo fuoco incrociato nemico di quattro o cinque batterie, e dovette ritirarsi. Mentre il 7° corpo d’armata avanzava, quella divisione di cavalleria tentò di appoggiare colla propria artiglieria, i movimenti di questo corpo, ma non poté nulla fare atteso il fuoco del nemico, il quale aveva a sua disposizione un maggior numero di cannoni.

Sull’ala sinistra, i distaccamenti della prima armata, già spinti a Medole, nella sera del 23, cioè due battaglioni del reggimento di fanteria Arciduca Francesco Carlo, furono allo spuntare del giorno violentemente attaccati, e dopo ostinato combattimento, furono respinti verso Guiddizzolo.

Il nemico, che l’inseguiva, s’impadronì del villaggio di Rebecco, situato tra Guiddizzolo e Medole, e vi si stabilì con forze imponenti.

Il 9° ed il 3° corpo d’armata avanzò però da Guiddizzolo. L’ultimo, spintosi sulla strada maestra fino alla quagliara, non poté andar oltre quel punto, perché, malgrado ogni sforzo, non era riuscito al 9° corpo d’armata di sloggiare il nemico da Rebecco. Per molte ore durò il combattimento intorno a questo luogo ove venivano inviate al nemico di Medole sempre riserve fresche, mentre dal nostro lato fu disposto che l’11° corpo d’armata sopraggiunto nel frattempo da Castel Grimaldo adoperasse tosto la divisione Blomberg (brigate Dobrzensky e Host) per appoggiare il 9° corpo d’armata e la brigata Baltin a fine da coprire il 3° corpo d’armata. Il luogo di Rebecco fu più volte preso e perduto. Ripetute volte si fermò il combattimento, ma ogni volta fu ordinato di riprendere e si riprese l’offensiva. Ma, sebbene sostenute da energico attacco dal 3° corpo d’armata a Medole, le truppe del 9° e del 11° corpo d’armata, malgrado grandi sforzi e rilevanti perdite ottener non poterono successi durevoli. Così fu trattenuto anche l’avanzamento del 3° corpo, che con meravigliosa costanza resistette ai gagliardi e sempre più forti attacchi nemici.

Mancò l’appoggio indispensabile onde disimpegnare l’ala sinistra, e sempre aspettato, dalla divisione Zedwtz, giacché questa, in seguito al combattimento che aveva avuto luogo nel mattino presso Medole, era retroceduto fino a Ceresara e Goito. L’ordinato movimento di fianco di due brigate del 2° corpo d’armata, che esercitar potea influsso decisivo in fianco ed alle spalle del nemico, non venne del pari eseguito, giacché notizie che un corpo principale nemico marciasse da Cremona a Piadena (dove per certo si trovava la divisione d’Autemarre), fecero che quella divisione si fermasse presso il passaggio dell’Oglio a Marcaria. Per comando dell’Imperatore l’ala sinistra tentò un’altra volta, verso le 3 pom. di riprendere l’offensiva.

Dopo che la brigata Greschke, dell’11° corpo d’esercito, si era prima avanzata a Guiddizzolo, onde raccogliere le parti già scosse del proprio e del 9° corpo, furono fatte uscire le due ultime batterie di riserva protette da due battaglioni e da due divisioni di cavalleria, onde colpire la cavalleria nemica, mentre, sperando sempre di essere sostenute dalla cavalleria di riserva, le truppe dovevano unite scagliarsi un’altra volta sul nemico. Ma invano. Sempre gagliardamente strette sul fianco sinistro, quelle truppe nemmeno questa volta poterono ottenere favorevoli risultati.

Nel frattempo, anche Cavriana, dopo valorosa resistenza, era caduta in potere del nemico, dopo che due brigate del 7° corpo d’armata, incoraggiate dalla personale presenza di S. M. l’Imperatore si erano sostenute, in quel luogo e nelle sommità circostanti per lungo tempo e con varia vicenda, giacché l’ala sinistra di quel corpo sostenuto dalla divisione di cavalleria Mensdorff, avanzando per la terza volta, aveva fatto un ultimo tentativo onde difendersi contro la superiorità di forze irrompenti da San Cassiano e Cavriana.

Avendo così il centro retroceduto da Solferino a Cavriana, e non potendo l’ala sinistra più farsi strada, alle 4 pom. venne decisa la generale ritirata.

Essa fu protetta all’ala sinistra con grande bravura dei due battaglioni intatti del reggimento di fanteria Arciduca Giuseppe e dal prode 10° battaglione di cacciatori personalmente guidato dal comandante il corpo d’armata tenente feld-maresciallo Weigl, ed il luogo di Guiddizzolo non fu abbandonato che alle ore 10 pom. dopo che tutte le truppe avevano sgombrato quel luogo, dopo che erano stati trasportati i feriti e dopo che le batterie furono condotte al sicuro.

Al centro, la ritirata fu protetta con costanza e devozione dalle truppe del 7° corpo d’armata e si passò per Bosco Scuro dietro Cavriana combattendo nell’ordine migliore.

Dopo aver un violento temporale interrotto il combattimento d’ambe le parti per mezz’ora, il nemico tralasciò totalmente d’avanzarsi nel detto Bosco Scuro. Le brigate Brandenstein e Wussin (i valorosi reggimenti d’infanteria Arciduca Leopoldo ed Imperatore, il 19° battaglione di cacciatori ed un battaglione di Liccani) si ritirarono condotti dal tenente maresciallo principe d’Assia, bene ordinati, a Volta; punto questo, che raggiunsero verso le 8 pom. e che convenientemente occuparono onde coprire la ritirata del treno dell’esercito per le difficili gole di Borghetto e di Valeggio.

La brigata Gablenz della suddetta divisione tenne occupate con due battaglioni d’infanteria Grucher e col 3° battaglione dei cacciatori Imperatore le alture immediatamente in faccia a Cavriana, fino alle 10 pom. Si ritirò poscia dopo aver raccolto tutti i piccoli distaccamenti che retrocedevano, a tarda notte, a Volta, e soltanto allo spuntare del giorno passò il Mincio sul ponte di Ferri.

All’ala destra l’8° corpo d’armata si era mantenuto nelle più favorevoli condizioni di combattimento. Solo quando il 5° corpo d’armata intraprese la propria ritirata per Pozzolengo, anche il tenente maresciallo Benedeck ritornò a Salionze, dopo aver respinto due preponderanti attacchi nemici e dopo aver fatto 400 prigionieri. Pozzolengo rimase fino alle 10 pom. occupato da truppe dell’8° corpo d’armata. Così fu resa possibile la ritirata in ordine per parte del 5° e del 1° corpo. Anche in questo combattimento le imperiali truppe si batterono con mirabile valore. Superiore ad ogni elogio fu specialmente il contegno delle truppe del 5° e dell’8° corpo d’esercito, condotte con gran senno, operosità e abnegazione personale.

Il reggimento italiano di fanteria Wernhardt del 1° corpo d’armata, che si batté molto valorosamente, ha menzione onorevole nella circostanziata relazione del comandante dell’esercito. Nella cavalleria merita menzione onorevole principalmente il reggimento ussari Re di Prussia, che con raro ordine eseguì, in mezzo al fuoco il più gagliardo delle batterie nemiche, un attacco contro il reggimento francese dei cacciatori d’Africa, che recò danni rilevanti e fece molti prigionieri al nemico.

La nostra perdita, specialmente in ufficiali, è assai ragguardevole. In alcuni corpi di truppe arriva al quarto dello stato totale. Le perdite particolareggiate, con indicazione dei nomi furono pubblicate nella Gazzetta di Vienna. Ma anche il nemico, specialmente negli assalti a Cavriana ed a Solferino, ha sofferto perdite immense. Esso in nessun punto osò minimamente inquietare la ritirata delle nostre truppe. Nel centro, esso non penetrò oltre Cavriana. In ambedue le ali non poté guadagnare terreno sulle nostre truppe.

Dal lato nostro, presero parte al combattimento il 1°, 3°, 5°, 7°, 8°, 9° e 11° corpo d’esercito e con una brigata del 6° corpo. Da parte dei nemici, a detta dei prigionieri, stavano in battaglia cinque reggimenti di cavalleria e i corpi d’esercito di Niel e di Mac-Mahon, all’ala destra, in faccia all’ala sinistra degli austriaci; nel centro i corpi d’esercito di Canrobert e di Baraguey d’Hilliers e le guardie; finalmente tutto l’esercito piemontese all’ala sinistra: fu dunque in battaglia tutto l’esercito nemico.

L’esercito austriaco sta intiero anelante alla battaglia nelle posizioni ad esso assegnate dal suo duce supremo. Se anche questa volta, per la superiorità del nemico e pel concorso di contrarie circostanze gli fu tolta la palma della vittoria, e perciò incoraggiato e sollevato dalla coscienza non solo di aver dato all’orgoglioso assalitore ripetute prove del proprio valore e costanza, ma eziandio di avergli arrecato in questo scontro gravi perdite da avere essenzialmente scosso la sua forza, o di aver per tal modo, almeno in parte, contribuito a raggiungere il successo finale.

Quartier Generale Austriaco
Villafranca, 28 giugno 1859