Conflitto combattuto tra il 1853 e il 1856, che vide contrapposta la Russia a una coalizione di stati formata da Gran Bretagna, Francia, impero ottomano e Regno di Sardegna; motivo scatenante della guerra fu il controllo della penisola balcanica, del Mediterraneo orientale e del Mar Nero.

Le origini del conflitto vanno individuate nel grande rivolgimento geopolitico innescato dalla crisi dell’impero turco, dalle iniziative espansionistiche della Russia, volte a conseguire un accesso al Mediterraneo, e dalle aspirazioni di Francia e Gran Bretagna a esercitare l’egemonia navale e terrestre nell’area nordafricana, mediterranea e mediorientale.

La Russia aveva tratto vantaggio dalla debolezza politica e militare dell’impero ottomano insediandosi nel Mar Nero ed esercitando la propria influenza su tutta l’area balcanica. All’inizio del XIX secolo la pressione russa aveva portato alla vittoria nella guerra contro la Turchia del 1828-29 (vedi Guerre russo-turche) conclusasi con il trattato di Unkiàr-Skelessi (1833), con il quale la Russia si assicurava il controllo del Bosforo e imponeva la sua presenza nella regione. Francia e Gran Bretagna, allarmate dall’espansione russa che consideravano una minaccia ai propri interessi nel Medio Oriente e alla supremazia conquistata sui mari, assunsero una linea di fermezza contro lo zar; anche l’Austria cominciò a temere l’avanzata russa, che avrebbe potuto scontrarsi con le sue ambizioni nei Balcani.

La causa della guerra và ricercata nel possesso della Palestina e quindi dei luoghi sacri da parte degli Ortodossi e dei Cattolici, al tempo in possesso dell’Impero Ottomano.

Nel settembre del 1852 il sultano di Costantinopoli, incoraggiato dall’appoggio anglo-francese, si pronunciò a favore dei cattolici e al contempo si oppose alla richiesta dello zar Nicola I di esercitare il protettorato sui principati di Moldavia e Valacchia. La Russia reagì invadendo i due principati danubiani (luglio 1853). In risposta all’invasione una squadra navale anglo-francese occupò la baia di Besika, segnale questo che convinse la Turchia a entrare in guerra. La distruzione della flotta turca nel Mar Nero fu compensata dalla vittoria ottomana nella battaglia terrestre di Oltenita, ma lo scontro assunse una dimensione internazionale quando Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Russia (marzo 1854); l’Austria in un primo tempo intervenne separatamente, prima con l’appoggio diplomatico prussiano, poi con il consenso turco all’occupazione dei principati e infine stringendo formale alleanza con inglesi e francesi. Le truppe inviate in Crimea da questi due stati si diressero verso la fortezza russa di Sebastopoli, cingendola d’assedio, e nelle battaglie di Balaklava e Inkermann costrinsero l’avversario alla difensiva.

Nel gennaio del 1855 il fronte degli alleati si estese con l’ingresso in guerra del Regno di Sardegna. Le truppe piemontesi, comandate dal generale La Marmora, si distinsero nella battaglia della Cernaia, a cui seguì la caduta di Sebastopoli (settembre 1855). A quel punto lo zar Alessandro II, appena salito al trono, accettò di intavolare trattative di pace, concluse dal trattato di Parigi (marzo 1856): la Russia dovette cedere le foci del Danubio e una piccola parte della Bessarabia; i principati danubiani furono posti sotto il protettorato congiunto delle grandi potenze, che a loro volta si pronunciarono per il rispetto dell’indipendenza e dell’integrità territoriale della Turchia. Nel corso delle trattative di pace, Cavour, primo ministro del Regno di Sardegna, sollevò con forza la questione italiana con un intervento apertamente antiaustriaco che ebbe grande risonanza in Europa.

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