Dal capo di Stato Maggiore; 28 giugno 1859
L. G. Della Rocca

“Nel 24 giugno, mentre le truppe francesi sotto gli ordini del signor maresciallo Baraguey d’Hilliers procedevano sopra Solferino, tre divisioni dell’armata piemontese si avanzavano nella direzione di Peschiera, Pozzolengo e Madonna della Scoperta. Esse erano precedute da due distaccamenti, i quali dovevano servire di guida alla loro marcia e riconoscere il terreno.

La 3ª Divisione (generale Mollard) doveva battere la pianura compresa tra la ferrovia ed il lago, e la 5ª (generale Cucchiari) marciare sopra Pozzolengo, ove doveva tenere strada diversa da quella tenuta dalla 1ª divisione (generale Durando) passando per Castel-Venzago e Madonna della Scoperta. Il distaccamento mandato in ricognizione dalla 5ª divisione, composto di un battaglione di fanteria, di un battaglione di bersaglieri, di uno squadrone di cavalleggieri e di due pezzi di artiglieria sotto gli ordini del colonnello Cadorna, lasciò sulla sua destra le alture di San Martino che non eran ancora occupate dal nemico e continuò ad avanzarsi per la strada di Lonato e di Pozzolengo.

Gli avamposti austriaci, vigorosamente attaccati e abbattuti verso le ore sette del mattino furono ben tosto sostenuti da forze imponenti dinanzi alle quali fu d’uopo ripiegare.

Il generale Mollard, udendo la fucilata e il tuoneggiar del cannone, condusse la piccola colonna che guidava la marcia della sua divisione in soccorso del colonnello Cadorna e spedì due compagnie di bersaglieri alla cascina Succale per operare una diversione.

La 3ª e la 5ª divisione ebbero ordine di affrettare la loro marcia.

La colonna del colonnello Cadorna si ripiegò lentamente ed in buon ordine sostenuta da quattro pezzi di artiglieria e da un battaglione di fanteria posti a San Martino. Ma sulla destra il nemico con forti colonne guadagnava già le alture per Santo Stefano e San Donnino, e si avanzava rapidamente sulla cascina Contracania minacciando di tagliare la linea di ritirata.

Fu forza abbandonare San Martino. Erano allora le nove ore del mattino. La testa di colonna della 3ª divisione cominciava a sboccare dalla ferrovia. Sperando di non lasciare al nemico il tempo di stabilirsi sulle alture il generale Mollard fece immediatamente marciare all’assalto il primo reggimento di cui poteva disporre (7° fanteria) e lo fece tosto sostenere dall’8°, con ordine di attaccare alla baionetta senza scaricare un’arma da fuoco.

Questi valorosi reggimenti, sostenuti da una batteria e da alcune cariche dei cavalleggieri di Monferrato, due volte toccarono con un ammirabile slancio la sommità delle alture, impadronendosi di parecchi pezzi di cannone, ma per due volte dovettero cedere al numero ed abbandonare la loro conquista. Rimasero uccisi il colonnello Beretta ed il maggiore Lolaro, e feriti il generale Ansaldi, i maggiori Bordi e Longoni. Le perdite degli ufficiali subalterni furono del pari numerose.

Il nemico guadagnava terreno e si avanzava per la cascina Selvetta verso la ferrovia per tagliarci questa importante linea di comunicazione. Una brillante carica eseguita da uno squadrone di cavalleria diede il tempo di raccogliere alcune truppe sul punto minacciato.

Fu allora, verso le dieci del mattino, che la divisione Cucchiari arrivò sul campo di battaglia per la strada di Rivoltella. Tre battaglioni del 12° reggimento furono immediatamente posti a disposizione del generale Mollard onde aiutarlo a riprendere le cascine Canova, Arnia Selvetta e Monata, e liberar pure gli accessi alla ferrovia.

Sulla sinistra, il 4° battaglione del 12° ed il 14° reggimento di fanteria furono ordinati in colonne d’attacco, a cavallo sulla strada di Lonato. Si slanciarono all’assalto sotto un fuoco micidiale. Il villaggio di San Martino, il Roccolo, come pure tutte le cascine sulla destra, che comprendeva la Contracania, furono tolti al nemico con distinta prodezza. Vennero presi tre pezzi di artiglieria, ma il nemico poté nuovamente ricuperarli. In quest’attacco un maggiore rimase ucciso, furono feriti due altri maggiori ed un colonnello, e queste sono le perdite in ufficiali superiori.

Nel frattempo la 2ª brigata e la 5ª divisione (17° e 18° di linea) con un battaglione di bersaglieri si ordinarono in colonna d’attacco sulla sinistra della strada di Lonato lasciando la 18ª in riserva; due battaglioni del 17° e due compagnie di bersaglieri marciarono sulla chiesa di San Martino e sulla cascina Contracania ricadute in potere del nemico, e due altri battaglioni con alcuni bersaglieri, piegando a sinistra, si volsero sopra cascina Corbi di Sotto e Vestone. Il 18° si avanzò per sostenere l’11° impegnato alla sua fronte. Si ricuperò ovunque il perduto terreno, si toccò il punto culminante delle alture, e le posizioni vennero un’altra volta ancora tolte al nemico.

Intanto la brigata Pinerolo (divisione Mollard) arrivava a Desenzano e Rivoltella. Ordinata sopra due linee e diretta colla sua artiglieria sulla cascina Contracania essa aveva già cominciato il suo fuoco e compiva il successo della 5ª divisione allorquandoquesta divisione, schiacciata dalla mitraglia e posta a fronte di un nemico che continuamente riceveva nuovi rinforzi, fu costretta a fare la sua ritirata, e questo avvenne in buon ordine sulla strada di Rivoltella.

Il generale Mollard ritenne allora dover sospendere l’attacco cominciato dalla brigata Pinerolo fino a che arrivassero nuove truppe. L’attacco di San Martino non poteva più effettivamente rinnovarsi senza dar prima alcune ore di riposo ai soldati che avevano combattuto tutta la mattina sotto un sole ardente e senza essere sostenuti da truppe fresche.

La 2ª divisione (generale Fanti) erasi avviata verso Solferino onde, all’uopo, concorrere all’attacco diretto sopra quel punto dal maresciallo Boraguey d’Hilliers.

Il Re, vedendo che la posizione era stata valorosamente tolta al nemico dalle truppe francesi, e da altro lato ritenendo essere necessario di rinforzare la nostra sinistra, diede ordine alla 2ª brigata di quella divisione di recarsi immediatamente a San Martino ed alla prima di marciare verso Pozzolengo per sostenere la divisione Durando da parecchie ore impegnata in un combattimento ove aveva sofferto già molte perdite.

Allorquando Sua Maestà fu informata che la brigata Aosta (della seconda divisione) si avvicinava a San Martino, spedì l’ordine di attaccar nuovamente quella posizione e di impadronirsene prima di notte. La brigata Aosta arrivò sotto San Martino verso quattr’ore pomeridiane e fu posta sotto gli ordini del generale Mollard.

Essa prese posizione sulla sinistra della brigata Pinerolo rimpetto alla cascina Contracania. L’artiglieria aveva l’ordine di non aprire il suo fuoco che a breve distanza dal nemico. Ai soldati si fece deporre i sacchi e verso le cinque ore si cominciò ad andare innanzi.

Un battaglione e due pezzi di artiglieria dovevano procurar di girare il nemico colla sua sinistra. La 5ª divisione, che si era ripiegata sulla strada da Rivoltella, era in movimento per raggiungere il campo di battaglia. Fu allora che dal lato del lago si elevò un terribile uragano seguito da una dirotta pioggia.

Le colonne, affrontando tutti gli ostacoli, andarono risolutamente incontro al nemico, che, libero da ogni attacco sulla sua destra, aveva portato tutta la sua artiglieria sulla cima delle alture tra le cascine Contracania e Colombara, da cui fulminava con un vivissimo fuoco gli accessi alla posizione. La brigata Pinerolo si scagliò verso la cascina Contracania. Obbligata a conquistare palmo a palmo il terreno provò sensibili perdite. Tra gli ufficiali superiori rimasero uccisi due colonnelli e ferito un maggiore. La brigata Aosta marciò sulle cascine Canova, Arnia e Monata, delle quali s’impadronì, poi attaccò la Contracania e la chiesa di San Martino e procurò di mantenersi in queste diverse posizioni accanitamente combattendo. Essa aveva già il suo generale, due colonnelli feriti ed un maggiore ucciso. Onde sostenere la fanteria con un imponente fuoco di artiglieria il Capo di stato maggiore fece collocare 18 pezzi presso la casa Monata per battere la cascina Contracania.

Ben presto tutti gli sforzi vennero diretti verso questo punto. Il nemico, attaccato di fronte dal 3° e dal 6° di fanteria che si avanzava da casa Monata; sulla destra dalla brigata Pinerolo e successivamente dai 7°, 12°, 17°, 18°, e dai battaglioni di bersaglieri, cominciava a ripiegare. Onde assicurare un esito acquistato a sì caro prezzo fu dato l’ordine a tutta l’armata disponibile di portarsi di galoppo sulla sommità.

Ben presto 24 pezzi coronavano le alture ed aprivano il loro fuoco. Il nemico, che si trovava a breve distanza, minacciava di scagliarsi sui nostri cannoni. Uno squadrone di cavalleria, con due brillantissime cariche, mise il disordine fra le sue fila già diradate dalla mitraglia, ed inseguito dalla fanteria il nemico lasciò in nostro potere le formidabili posizioni, difese un’intera giornata con tanto accanimento.

Mentre fin dal mattino si era impegnato il combattimento sull’estrema sinistra, dal lato opposto, sulle colline di Solferino, il 4° corpo d’armata francese era alle prese col nemico e sosteneva un vivissimo combattimento.

Una ricognizione composta di truppe della 1ª divisione (Durando) 3° battaglione di bersaglieri, un battaglione di granatieri ed una sezione di artiglieria della 10ª batteria, condotta dal Capo di stato maggiore colonnello de Casanova, partita all’alba da Lonato, arrivò verso le cinque e mezzo all’altezza della posizione Madonna della Scoperta che trovò occupata dal nemico.

Il nemico fu tosto attaccato dalle truppe della ricognizione, da vicino seguite dalla brigata dei granatieri. Questi corpi sostennero soli sino a mezzogiorno gli sforzi del nemico, superiore in numero, ma furono poscia obbligati a ripiegare sino all’intersecazione delle strade di cascina Rondotto. Colà rinforzati da quattro battaglioni della brigata Savoia, comandati dal colonnello de Rolland, ripresero vivamente l’offensiva e caricarono il nemico alla baionetta. Due battaglioni di granatieri, fin dal mattino mandati per Castellaro e Cadignolo, entravano in linea, mentre la 11ª batteria mettendosi in posizione, apriva il suo fuoco. Questi sforzi combinati decisero il nemico ad abbandonare le posizioni nel mattino conquistate.

Il generale La Marmora era stato incaricato dal Re di prendere il comando della 1ª e della 2ª divisione. Respinto il nemico a Madonna della Scoperta, il Generale, seguendo gli ordini di Sua Maestà diresse una parte delle truppe contro San Martino, ove la 3ª e la 5ª divisione continuavano a combattere.

La 1ª divisione (Durando) passò per San Rocco, cascina Taverna e Monte Fami, cammin facendo urtò in una colonna nemica, composta dal reggimento Prohaska e di altre truppe che avevano combattuto a San Martino, e probabilmente tentavano di girare le forze che attaccavano quella posizione. Questa colonna, venendo respinta, si ripiegò in fretta, ma ciò produsse un ritardo nel movimento della 1ª divisione. Inoltre l’ora era avanzata e quelle truppe avevano combattuto tutta la giornata contro tre brigate nemiche. Le perdite di questa divisione furono: in ufficiali 6 morti e 25 feriti, in soldati 97 morti e 580 feriti.

La brigata Piemonte della 2ª divisione Fanti aveva egualmente cooperato all’attacco delle posizioni di Madonna della Scoperta. Respinto il nemico, questa brigata fu dal genrale La Marmora diretta contro Pozzolengo. Giunta all’altezza di cascina Rondotto, incontrò un corpo nemico fortemente stabilito nelle cascine Torricelli, San Giovanni e Predra e sulle alture di Serino.

Il nemico vivamente attaccato nelle sue posizioni dal 9° battaglione di bersaglieri (maggiore Angelini), dal 4° reggimento Piemonte e da una sezione della 4ª batteria sotto il comando del generale Camerana, cedé il terreno e fu inseguito sino al di là della borgata Pozzolengo.

Questa stessa brigata della 2ª divisione (Fanti) avendo occupato S. Giovanni, una batteria di quattro obici vi prese posizione ed aprì un fuoco, che colpiva a tergo le difese di San Martino. Questo attacco contribuì potentemente ad obbligare il nemico a cedere quella posizione disputata con accanimento sin dal mattino.

La 2ª divisione, oltre le gravi perdite provate dalla brigata Aosta, che si era appostata sulla sinistra, contò ancora in questa giornata 1 ufficiale ucciso, 5 feriti, 16 soldati uccisi e 36 feriti. Le quattro divisioni che in quel giorno componevano l’armata Sarda in linea furono tutte impiegate, e le loro perdite totali si elevarono a 49 ufficiali morti, 167 feriti, 642 sottufficiali e soldati morti, 3405 feriti, 1258 soldati dispersi, in complesso 5525 mancarono all’appello. Parecchi corpi ebbero il quarto del loro effettivo fuori di combattimento, ed un battaglione di bersaglieri sopra 13 ufficiali ne ebbe 7 morti o feriti e tre colonnelli della stessa divisione gloriosamente soccombettero.

Il nemico alla fine della giornata era stato scacciato da tutte le posizioni, e quella di Pozzolengo era stata occupata dalle nostre truppe. Cinque pezzi di cannone rimasero in nostro potere qual trofeo di questa sanguinosa vittoria, in cui le nostre truppe ebbero a lottare contro forze superiori. Le forze del nemico secondo ogni verisimiglianza possono calcolarsi a 12 brigate, perché furono fatti prigionieri appartenenti a tutti questi corpi.

L’armata austriaca aveva spiegato tutte le sue forze che si elevavano a circa 200.000 uomini. Riprendendo l’offensiva essa aveva ripassato il Mincio ed occupate le posizioni di Pozzolengo e Solferino, e stendendo la sua sinistra nella pianura di Guiddizolo, ma alla sera su tutti i punti di quel vasto campo di battaglia dovette ripiegarsi, e porre tra essa e il vittorioso esercito alleato la bandiera del Mincio e le sue fortezze.

Il capo di Stato Maggiore
L. G. Della Rocca
Monzambano  28 giugno 1859